Il progetto BRITEs – Byproduct Recycling: Innovative TEchnology from the Sea ha come scopo il recupero e la valorizzazione del materiale di scarto dell’industria ittica, in particolare del riccio di mare viola, per la realizzazione di prodotti che verranno usati per applicazioni biomediche.
In particolare, in uno studio recentemente pubblicato sulla rivista scientifica Antioxidants, gli scarti non commestibili (principalmente i gusci e le spine) dei ricci di mare usati nelle cucine dei ristoranti ‘Il Grissino’ e ‘Acqua e Sale 2’ di Milano, partner dei nostri progetti, anziché finire nel bidone dell’immondizia sono stati recuperati dai ricercatori del Dipartimento di Scienze e Politiche Ambientali dell’Università di Milano, che li hanno adeguatamente trattati e sottoposti ad un processo di estrazione chimico-fisica fino a ricavarne delle sostanze antiossidanti chiamate spinocromi. Si tratta di pigmenti naturali identificati in diverse specie di ricci di mare, anche se la loro funzione biologica non è ancora del tutto chiara. Gli spinocromi appartengono ad una classe di composti chiamati poliidrossinaftochinoni (polyhydroxylated naphthoquinones, PHNQs) i quali, in virtù della loro struttura chimica, esercitano una potente azione antiossidante andando a legare quelle molecole, le specie reattive dell’ossigeno (reactive oxygen species, ROS), che se lasciate libere nell’organismo potrebbero risultare dannose. Ogni giorno il nostro corpo viene esposto a sostanze e/o stimoli che aumentano i livelli di ROS che normalmente vengono riequilibrati da un complesso sistema di enzimi antiossidanti che ne neutralizzano gli effetti. Addirittura, il nostro stesso organismo produce ROS i quali, in piccola quantità, sono essenziali per la vita cellulare. Tuttavia, in particolari condizioni ambientali e/o patologiche la quantità di ROS aumenta vertiginosamente e i nostri sistemi enzimatici di difesa antiossidante non sono più sufficienti a contrastarli. È questo, ad esempio, quello che avviene nelle ferite cutanee di difficile guarigione, una tematica sulla quale il progetto BRITEs si è sviluppato.
Proprio per questo motivo, al fine di valutare le proprietà biologiche degli spinocromi estratti dagli scarti alimentari del riccio di mare, i ricercatori del Dipartimento di Biomedicina Comparata e Alimentazione dell’Università degli Studi di Padova e del Dipartimento di Scienze Agroalimentari, Ambientali e Animali dell’Università di Udine hanno trattato colture cellulari di pelle umana con l’estratto di PHNQs. Simulando in laboratorio lo squilibrio di ROS che può avvenire nelle cellule della pelle e utilizzando diverse tecniche biochimiche, il gruppo di ricerca ha poi analizzato le proprietà antiossidanti dell’estratto di spinocromi. I risultati ottenuti dimostrano che la miscela di spinocromi estratti dagli scarti alimentari del riccio di mare è in grado di regolare il livello di ROS non solo direttamente, attraverso la loro già nota capacità di legare e disattivare queste pericolose molecole, ma anche indirettamente, stimolando l’espressione dell’enzima superossido dismutasi 1 (SOD1). SOD1 costituisce nelle nostre cellule la prima linea di difesa antiossidante contro le specie reattive dell’ossigeno in quanto coinvolto nella trasformazione dell’anione superossido − un radicale libero molto dannoso per le cellule − in ossigeno e perossido di idrogeno. Quest’ultima molecola viene poi ulteriormente trasformata da altri enzimi antiossidanti.
Durante questi studi è emersa anche un’altra importante e fino ad ora sconosciuta proprietà degli spinocromi. Infatti, al fine di mimare l’eccessivo stress ossidativo che può verificarsi a livello della ferita cutanea e che può risultare dannoso per la guarigione, le cellule di pelle umana sono state esposte ad un antibiotico, l’antimicina A, che stimola la produzione e l’accumulo di ROS. L’antimicina A era stata proposta in passato come antitumorale in quanto capace di indurre l’apoptosi − una processo conosciuto come morte cellulare programmata − nelle cellule cancerose che sviluppano resistenza ai più comuni farmaci chemioterapici. Tale antibiotico, infatti, regola negativamente l’espressione di una proteina, la Bcl-2, definita anti-apoptotica perché ad alti livelli, come avviene nelle cellule tumorali chemioresistenti, preserva la cellula cancerosa dalla morte programmata. Di conseguenza, diminuendo la quantità di Bcl-2 nelle cellule tumorali farmacoresistenti si consente ai farmaci chemioterapici di svolgere la loro azione.
Tuttavia, le alte dosi di antimicina A richieste per ottenere un effetto soddisfacente ne hanno limitato lo sviluppo clinico. Il lavoro pubblicato dal gruppo di ricerca ha messo in evidenza un effetto sinergico dose-dipendente dell’estratto di spinocromi da scarti di riccio di mare con l’antimicina A nell’abbassare la quantità totale di proteina Bcl-2 nei fibroblasti cutanei, aprendo così la strada ad una futura terapia combinata per tentare di superare la chemioresistenza di alcune forme tumorali.
In conclusione, lo studio ha dimostrato come sia possibile dare nuova vita ad uno scarto alimentare, sfruttandone gli elementi preziosi ancora presenti in esso, e applicando un approccio Zero Waste ad un prodotto ittico peculiare quale il riccio di mare viola per ottenere dei prodotti che si sono dimostrati preziosi per possibili applicazioni biomediche, permettendo in questo modo di considerare anche gli scarti alimentari come una risorsa piuttosto che un rifiuto inutile.
Articolo originale:
Melotti L, Venerando A, Zivelonghi G, Carolo A, Marzorati S, Martinelli G, Sugni M, Maccatrozzo L, Patruno M. (2023) A Second Life for Seafood Waste: Therapeutical Promises of Polyhydroxynapthoquinones Extracted from Sea Urchin by-Products. Antioxidants. 12 (9), 1730
Si ringraziano Giulia Zivelonghi, Luca Melotti, Andrea Venerando e Marco Patruno per la realizzazione dell’articolo e le immagini, Michela Sugni e Marcello Turconi per la revisione e l’organizzazione editoriale.