I ricci di mare vengono classificati tra gli erbivori (o, in termini più tecnici, grazers) più efficienti presenti nell’ambiente marino: si nutre prevalentemente di alghe presenti sul substrato roccioso, in un modo così vorace da causarne in alcuni casi la totale rimozione e creare zone nude, chiamate in gergo barren grounds. Il riccio di mare, quindi, assume principalmente dalle alghe le sostanze nutritive indispensabili per la crescita, per le proprie funzioni vitali e per lo sviluppo delle gonadi (la parte che viene poi utilizzata in ambito alimentare).
Per questo motivo, nell’ottica della creazione di un sistema virtuoso di economia circolare, che promuova l’allevamento dei ricci di mare piuttosto che la loro raccolta dalle popolazioni che si trovano in natura, diventa fondamentale conoscere a fondo quali siano le componenti naturali che essi assumono attraverso la dieta, che ne garantiscono il maggiore benessere e sviluppo.
È stato così condotto uno studio per valutare l’effetto di differenti specie algali sull’accrescimento e sullo sviluppo delle gonadi dei ricci di mare. Le macroalghe utilizzate per alimentarli sono state scelte in base alle loro differenti composizioni, in particolare per la differente quantità di carbonato di calcio presente in esse. Il carbonato di calcio è infatti il composto chimico che costituisce per la maggior parte la teca del riccio e, in quanto tale, è fondamentale per la crescita e il benessere dell’animale.
Le macroalghe selezionate (Fig. 1) sono state:
- Elissolandia elongata, alga rossa della famiglia delle Corallinaceae, costituita principalmente da carbonato di calcio
- Padina pavonica, alga bruna della famiglia delle Dictyotaceae, con abbondante percentuale di carbonato di calcio che si fissa sulla superficie dell’alga, e nella quale sono presenti – in minore concentrazione – altre sostanze nutritive, come gli antiossidanti
- Dictyota dichotoma, anch’essa bruna della famiglia delle Dictyotaceae, scarsamente calcificata, ma ricca di antiossidanti
Gli esemplari di riccio sono stati prelevati direttamente in natura, lungo la porzione di costa situata tra Genova e il Promontorio di Portofino (GE) e allevati presso il laboratorio marino di Camogli (CNR-IBF), dove è stato allestito un impianto dedicato, costituito da numerose vasche sperimentali alimentate da un costante flusso d’acqua proveniente direttamente dal mare (Fig.2).
L’esperimento è stato condotto tra agosto e ottobre, ovvero uno dei periodi in cui il riccio di mare si trova nello stato di massimo sviluppo delle gonadi, e quindi investe la maggior parte delle risorse alimentari in questo settore. I risultati hanno quindi fornito utili indicazioni in questo ambito, particolarmente importante non solo per i nostri progetti, ma anche per lo sviluppo dell’echinocoltura per l’industria alimentare.
In particolare si è potuto notare che la dieta più ricca in carbonato di calcio (Elissolandia elongata), ha portato a un più elevato valore di indice gonadosomatico (che rappresenta il rapporto della massa delle gonadi rispetto alla massa corporea, e che viene utilizzato per misurare la maturità sessuale dell’animale), favorendo quindi lo sviluppo delle gonadi.
Abbiamo così dimostrato l’utilità dell’aggiunta di biocarbonati ai mangimi utilizzati in echinocoltura, un primo passo fondamentale per far sì che questa forma di allevamento generi ricci dalle caratteristiche ottimali, simili a quelli che si trovano in natura, e che ad oggi soddisfano pressoché la totalità del mercato globale.
Si ringrazia Lorenzo Meroni per il testo e le immagini, Marcello Turconi per la revisione e l’organizzazione editoriale.