Il riccio di mare riveste un importante ruolo ecologico nel delicato equilibrio degli ecosistemi marini. In quanto si nutre prevalentemente di alghe, presenti sul substrato roccioso ad una profondità compresa tra la superficie e circa 80 metri, viene classificato tra gli erbivori (o grazers) più efficienti presenti nell’ambiente marino. Diventa quindi fondamentale la salvaguardia di questa specie marina, con il fine di preservare popolazioni stabili: una diminuzione della popolazione di questi echinodermi porta infatti a un’eccessiva proliferazione algale, mentre una loro sovrappopolazione può portare a fondali poveri di vegetazione (barren sites), con conseguente scomparsa di biodiversità.
La responsabilità di questa duplice problematica è sicuramente da attribuire all’azione dell’uomo: da una parte la domanda del mercato del riccio è quasi esclusivamente basata sul prelievo (e numerosi sono i casi di depauperamento degli stock naturali); d’altro canto, la pesca eccessiva di specie ittiche di interesse commerciale porta a una riduzione dei pesci predatori che controllano le popolazioni di ricci, favorendo una loro proliferazione incontrollata. Per questi motivi l’acquacoltura assume un ruolo fondamentale, sia nel soddisfare la richiesta del mercato ittico, sia nella conservazione delle specie.
Gli stock naturali di ricci di mare, infatti, oltre a essere sotto costante pressione per la crescente richiesta di questa risorsa ittica da parte del mercato globale, sono fortemente minacciati anche dai cambiamenti climatici: circa un quarto della CO2 presente nell’atmosfera viene assorbita dai mari e dagli oceani dove, a contatto con l’acqua, reagisce chimicamente, portando alla formazione di acido carbonico con conseguente diminuzione del pH. Questo continuo aumento dell’acidificazione dei mari ha un effetto decisamente negativo sulle proprietà biomeccaniche delle strutture carbonatiche che costituiscono lo scheletro e l’apparato boccale del riccio di mare (di grande importanza per la loro locomozione, il pascolo e la protezione dai predatori), in quanto esse sono costituite prevalentemente da calcite ad alto contenuto di magnesio, particolarmente sensibile alla diminuzione del pH.
In uno scenario futuro di continuo aumento dell’acidificazione degli oceani, è prevista quindi una preoccupante diminuzione della densità dei ricci di mare: ciò è dovuta sia alla minore difesa dalla predazione per l’alterazione delle strutture scheletriche, sia alla ridotta disponibilità di macroalghe calcificanti, componenti importanti della loro dieta.
Si ringrazia Lorenzo Meroni per la realizzazione dell’articolo e Valentina Asnaghi per le immagini